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Rilievo fotogrammetrico 3D dell'altare sacrificale della seconda età del Ferro di San Giorio


Centro Studi Archeologici Herakles

 

Il masso a coppelle di San Giorio sorge a 432 m s.l.m. nelle immediate vicinanze della parrocchiale e a breve distanza (ca. 150 m) dalle mura del castello medievale che domina la pianura alluvionale della Dora Riparia a 446 m s.l.m . L'ara rupestre fu stata ricavata su una superficie rocciosa di forma pseudo-rettangolare (ca. 3 x 1,5 m) sulla quale, nel Medioevo, si impostò la cappella di San Lorenzo Martire. Quest'ultima ha cancellato con le fondamenta una parte delle incisioni lasciandone esposta la porzione meridionale rivolta verso la scarpata.

L'emergenza archeologica fu ricavata scolpendo un calcescisto con componenti di granato, cloritoide e grafite che gli conferisce un caratteristico colore grigiastro con venature verdi . La superficie rocciosa presenta un discreto grado di alterazione, più evidente nelle parti declinanti sulle quali la percolazione dell'acqua piovana unita al termoclastismo ha agito più intensamente. La situazione sembra essere complicata dal carattere scistoso della formazione geologica sicchè la superficie è segnata da graffi e asperità . Nonostante ciò, le incisioni a coppelle e i canaletti hanno mantenuto un elevato grado di riconoscibilità , con una profondità  oscillante tra i 4 e i 20 mm.

La spiccata similarità ideativa e tecnico-realizzativa dell'area rupestre di San Giorio e della cosiddetta ara a coppelle presso l'arco romano di Susa ha indotto lo scrivente ad una attività  di rilevazione e studio con metodi non invasivi, ovvero tramite la creazione e la successiva analisi di fotogrammi ad alta risoluzione realizzata con il supporto e il contributo del Centro Studi Archeologici Herakles. Le immagini tridimensionali non aberrate ottenute sono state quindi filtrate multispettralmente, sia alterando artificialmente le condizioni di luce, sia variando la profondità  stereometrica (tramite lo spostamento degli assi e l'utilizzo di ingrandimenti), e sono infine confluite in un archivio iconologico su cui riportare le osservazioni effettuate nel corso di successive ricognizioni autoptiche.

Il gruppo principale di incisioni è stato realizzato sfruttando la dorsale della massa rocciosa lungo la quale furono scolpite tre coppelle quadrangolari e una circolare congiunte per mezzo di un canaletto profondo circa 4 mm. Quest'ultimo, procedendo in senso rettilineo da ovest verso est, dopo aver superato l'ultima coppella piega abbastanza bruscamente a destra per gettarsi in direzione dell'anfratto naturale . Ai lati del crinale percorso dal canaletto e dalle coppelle sono presenti alcune altre microcoppelle circolari disposte a grappoli, dislocate apparentemente in modo sparso. Degna di nota è, inoltre, la presenza ai lati della cresta superiore di una serie di quattro linee incise parallele profonde circa 1 mm, disposte a ventaglio o a lisca di pesce, di lunghezza oscillante tra i 10 e i 12 cm, ognuna delle quali si conclude verso l'estremità  inferiore con una microcoppella.

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Sul lato settentrionale della roccia è stata infine riconosciuta un'iscrizione molto deteriorata, ubicata lungo il piano debolmente inclinato. La lettura è complicata dall'elevato grado di alterazione della superficie rocciosa, ma gli abitanti di San Giorio si sono dimostrati al corrente della sua esistenza in ragione del fatto che essa diventa meglio leggibile in particolari condizioni di luce e di umidità . Allo scopo di trascriverla, in prima analisi si è tentato il filtraggio multifrequenza di fotografie planari realizzate in differenti condizioni di luce. In considerazione dei risultati non del tutto soddisfacenti, si è dunque proceduto all'esecuzione di un rilievo fotogrammetrico con fotocamera full frame, effettuando riprese in diversi giorni dell'anno e con diverse condizioni di luce, realizzando infine una elaborazione tridimensionale con Agisoft PhotoScan variando artificialmente il grado di profondità  stereometrica.

L'ingrandimento delle immagini tridimensionali dimostra che i graffiti furono realizzati facendo uso di uno strumento in ferro dotato di una lama di ampiezza stimabile attorno ai 4 mm. Prima di procedere all'incisione delle lettere, la superficie fu spianata per dar spazio ad una tabella subrettangolare (tabula scriptoria) che abbiamo cercato di evidenziare con delle linee vettoriali di colore arancione. All'interno della tabula è possibile riconoscere sul lato sinistro tre lettere realizzate con la medesima grafia che potrebbero essere lette con qualche incertezza e a seconda del lato da cui ci si ponga come «ddp» o«bpp» (ma ogni tentativo di interpretazione è vincolato al riconoscimento paleografico della scrittura e, nei limiti del possibile, al suo inquadramento cronologico). Più complessa è l'interpretazione del gruppo di quattro lettere più due lettere scolpite nella fascia adiacente, ove si ripropongono i medesimi caratteri ma in posizione maggiormente sfalsata e con un maggior effetto di disordine. La sincronicità  dei gruppi di lettere (forse una sigla, forse un acrostico) è indiziata dalla regolarità  dello spessore delle aste, dalla profondità  e dalla tecnica di intaglio, oltre che dall'omomorfia degli occhielli che presentano una curvatura marcata in alto e decrescente verso il basso.

A livello preliminare, si ètentato un confronto con i segni scolpiti sulle pietre di delimitazione, di confine e di cava oltre che con le iscrizioni alfabetiche censite in valle, senza addivenire a risultati soddisfacenti . Certo è che l'esposizione della superficie rocciosa (debolmente inclinata) all'azione delle acque meteoriche ha determinato una segnata degenerazione fisico-chimica dei graffiti che, unita alla patinatura, contribuisce ad allontanare l'ipotesi di un artefatto di età sub-recente o moderno. E'in corso uno studio interdisciplinare che vede coinvolti epigrafisti e paleografi.

Premesso che la data esatta di realizzazione delle aree rupestri di San Giorio e Susa non è nota, la presenza di graffiti e iscrizioni sulle superfici rocciose lascia aperti alcuni interrogativi in merito al perdurare di una loro accessibilità, visibilità e/o fruizione da parte dei gruppi indigeni romanizzati nel periodo posteriore all’istituzione della Prefettura delle Alpi Cozie (post 13 a.C.), in una fase storica cioè caratterizzata da significative forme di sincretismo culturale e religioso attestate dall’epigrafia e, recentemente, dagli studi condotti sull’Arco di Susa . Il problema è particolarmente stimolante, soprattutto se consideriamo il permanere di un’onomastica di tradizione indigena nei corpus epigrafici di prima età imperiale che testimonia l’assenza di una volontà di sradicamento etnico e piuttosto un progressivo processo di integrazione delle tribù che accettarono il celebre foedus con Roma . La presenza di iscrizioni in lingua latina sulla roccia a coppelle di Susa rilevata da C. F. Capello nella pubblicazione nel 1947 (due quadrati racchiudenti le lettere A ed R, un raggruppamento delle lettere PP.LS e un dittongo latino AV) rappresenta, d’altronde, lo stimolo per una rilevazione tridimensionale e fotogrammetrica dell’intera superficie segusina finalizzata al riconoscimento di ulteriori tracce che potrebbero potenzialmente contribuire a un chiarimento del problema relativo alla cronologia relativa intercorrente tra arco onorario, praetorium e “ara druidica